(ottobre 2016)
a cura di Nicola G. De Toma, Vincenzo F. Scala, Vinicio Ruggiero

Illustrazioni di Franca Cassanello Scala


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Nota dei curatori

Fu in occasione del V° Convegno Annuale del Gruppo di Lavoro, nel novembre 2005, che, non sapendo bene cosa proporre, per evitare di ripeterci, pensammo, alla fine, ad un dizionario; una raccolta di definizioni relative agli aspetti che, a nostro avviso, risultano maggiormente rilevanti nella pratica cui, da alcuni anni, ci dedichiamo.
Il Dizionario non tanto come tentativo di fissare una volta per tutte definizioni e concetti, ma piuttosto come pretesto per parlare dell’esperienza in montagna cercando di proporne e farne cogliere aspetti non ovvi; sicuramente non la “realtà ultima” di ciascuna definizione, piuttosto lo spessore dell’esperienza e dei diversi risvolti che ogni termine può contenere.
A partire dal primo abbozzo, presentato in quell’occasione, il dizionario ha via via preso corpo, col procedere delle esperienze sul campo e grazie al contributo di altri autori che hanno, mano a mano, condiviso l’intento iniziale.
Ma, data la vastità dell’impresa ed essendo la montagnaterapia una pratica in continua evoluzione, non possiamo che proporre un lavoro decisamente incompleto, con alcune definizioni sviluppate, altre solo tratteggiate, e molte sicuramente assenti, fatto di poche voci, ma che potrà, con il procedere dell’esperienza e delle conoscenze, ampliarsi ed arricchirsi.
Abbiamo pensato a qualcosa il cui tono complessivo risulti giocoso e ironico e possa implicare l’interlocutore in un percorso di esplorazione e in un dialogo divertito. Il che non impedisce che ci sia una diversificazione nelle tonalità delle varie voci e che alcune possano tendere al rigore metodologico (come la definizione della stessa “montagnaterapia”, mentre altre ricorrano ad un linguaggio poco definitorio e più evocativo).
Il Dizionario come invito a partecipare a un dibattito e come ricerca di un linguaggio comune; come tentativo di individuare aspetti rilevanti e vitali nell’esperienza condivisa della montagna.
Definizioni, quindi, come ometti di sassi a indicare un percorso solo vagamente tracciato; definizioni forse utili a fornire un primo orientamento a chi, avvicinandosi per la prima volta alla “montagnaterapia”, si chieda a quali orizzonti il termine suggerisca di guardare
Un dizionario assolutamente lacunoso, fatto di poche voci, ma che potrà, con il procedere dell’esperienza e delle conoscenze, ampliarsi ed arricchirsi.

La Montagna diventa una palestra in cui diventiamo migliori, capaci di guardarci dentro e di riconoscerci, più attenti e sensibili agli altri, più decisi. Impariamo ad acquistare significati e obiettivi. Impariamo ad accettare i cambiamenti e a  cambiare. Impariamo a prenderci cura di noi stessi e degli altri.

A

Abbigliamento

E’ tutto ciò che serve per vestirsi.
Già. Ma in quale contesto o ambiente? Per frequentare la montagna bisogna imparare, o re-imparare a vestirsi.
A vestirsi e a dotarsi degli indumenti che possono essere utili durante un’uscita; con buona pace degli accompagnatori di escursionismo che, nonostante si producano in accurati elenchi di quanto è necessario portare, si ritrovano continuamente, nei gruppi che accompagnano, con persone a cui manca qualcosa che sarebbe utile e, a volte, indispensabile.

Più ci allontaniamo dall’ambiente medio della quotidianità urbana, più si fa sentire la necessità di un abbigliamento idoneo; capace anche di renderci preparati a quelle mutazioni impreviste delle condizioni atmosferiche che, se in città non costituiscono un problema e trovano facile soluzione, in montagna ci confrontano più direttamente  e severamente  con gli elementi.
Siamo dunque obbligati a riconoscere la nostra fragilità e la dipendenza dall’equipaggiamento appropriato, di cui l’abbigliamento è il primo aspetto.
E’ possibile che non si sia troppo disposti a questo riconoscimento e a questa ammissione; anche perché i capi di abbigliamento ingombrano e pesano nello zaino e sulle nostre spalle.
Ambivalenza, quindi, che, forse in parte spiega perché le sagge istruzioni degli accompagnatori rimangano così spesso inascoltate.

Accettazione

L'accettazione è come un processo alchemico, che trasforma qualsiasi cosa. Bisogna accettare qualunque cosa sia.

Da dove proviene la negazione, il rifiuto?
E' frutto di un ideale presente dentro di voi, su come le cose dovrebbero essere.
Non potete accettare la vostra stupidità perché pensate di dover essere saggi.
Non potete accettare la vostra pazzia perché pensate di dover essere sani.
Non potete accettare nulla perché il vostro ideale è il contrario.
Nell'accettazione si devono lasciare andare tutti gli ideali.
Solo quando non siete più alla ricerca della saggezza, potete accettare la vostra stupidità.
Ma accettando la stupidità si diventa saggi.
Questo è il segreto. Nell'accettare la vostra bruttezza affiora la bellezza.
                                                                                                          (OSHO)

Acclimatazione

La permanenza oltre i 2000 metri d’altitudine comporta delle modificazioni fisiologiche nell’organismo, definite come “acclimatazione d’alta quota”. Queste variazioni sono legate alla progressiva riduzione della pressione dei gas dell’atmosfera, a mano a mano che si sale di quota, che influiscono sull’apparato respiratorio. La presenza di una minore concentrazione d’ossigeno (ipossia) in alta montagna, è compensata da un incremento della profondità del respiro e della frequenza respiratoria (iperventilazione). La comparsa di un lieve stato di affanno respiratorio (anche in assenza di uno sforzo fisico) è una condizione pressoché normale; l’iperventilazione diminuisce nel giro di qualche giorno per il fenomeno dell’adattamento.
Anche l’apparato cardiocircolatorio, come risposta all’ipossia, aumenta la frequenza dei battiti cardiaci e il volume di sangue pompato (portata cardiaca). Questo meccanismo di compenso, fornisce una maggiore quantità di sangue ossigenato ai tessuti periferici. L’aumento della portata cardiaca si riduce nei giorni seguenti senza tornare, però, agli stessi valori presenti a livello del mare. Nei primi giorni abbiamo anche un aumento dei globuli rossi legato alla stimolazione della milza.
Nei soggetti sani il passaggio ad una quota più alta è quindi accompagnato da modeste modificazioni funzionali,  come palpitazioni, stanchezza e un lieve affanno. Nel giro di alcuni giorni il processo di acclimatazione consente un graduale ritorno dell’organismo ad una condizione di normalità.
Per quanto sopra esposto,quindi, una quota superiore ai 2000 m. sarebbe da sconsigliare ai soggetti cardio-vasculopatici, soprattutto se scompensati, ai soggetti portatori di valvole cardiache artificiali, a tutti i soggetti sofferenti di broncopneumopatie croniche ostruttive, specie se complicate da accessi asmatici, a tutti gli ipertesi cronici, specie con valori minimi superiori ai 100 mm/hg.

Accoglienza-accoglimento

Accogliere deriva dal latino colligere, che significa raccogliere, raccogliere presso di sé. Accogliere, far posto all'altro, sono parole che ricordano il processo affettivo, mentale e fisico di una trasformazione, di una dilatazione di sé a favore dell'altro. Accogliere come rito di passaggio: si diventa soglia per l'altrui passaggio. Accogliere significa accettare, approvare, acconsentire, comprendere, con manifestazioni di affetto. Accogliere significa saper ascoltare. Accogliere significa educare ed imparare.  E’ il sentirsi parte di un gruppo, appartenere a quel gruppo.  Quando si entra la prima volta, durante una uscita o una preparazione dell’uscita in città; in quei momenti  si capisce che si andrà a fare qualcosa di diverso dalle solite attività dei Centri Diurni o delle Comunità Terapeutiche. Non ci sarà la ASL a proteggere…! Forse il rifugio, dove il gestore può preparare qualcosa di caldo da mangiare o bere e dove quando fa freddo c’è la stufa accesa. Anche i vestiti caldi e protettivi in inverno è come se ti proteggessero. A volte si può essere protetti da un igloo fatto da noi stessi; e si può ospitare qualcuno in difficoltà se viene sorpreso dal cattivo tempo o dal buio. La tenda è un luogo anch’esso accogliente. Nel gruppo, prima si è accolti; dopo si può accogliere i nuovi entrati.

Acqua

Si beve e disseta più di ogni altra bevanda quando hai veramente sete. Purtroppo se fa troppo freddo si ghiaccia e non puoi berla; allora devi coprire la borraccia con un contenitore isolante e devi metterla ben dentro lo zaino; ma questo avviene molti gradi sotto lo zero.

L’acqua ti bagna e a volte ti entra fin dentro i pantaloni …! Ma ci si può proteggere con giacche a vento impermeabili di “gore-tex”, o altri tessuti.

L’acqua che scende in montagna durante o dopo un temporale può far cadere le pietre e far crollare il sentiero, o trasformarsi in neve o grandine se fa freddo; anzi spesso è la grandine che fa abbassare di molto il termometro.

L’acqua è bellissima quando la guardi cadere dalle cascate contro il sole; nei torrenti limpidi; nei laghi che rispecchiano le cime; nei ghiacciai e nei seracchi che a volte crollano con rumore e sbuffi di ghiaccio polverizzato…

L’acqua va usata anche per lavarsi la mattina al rifugio anche se è fredda; e con l’acqua si inzuppa il fazzoletto o il berretto di cotone quando il sole picchia allo zenit.

Adattamento

Per adattamento si intende l'adeguamento di un organismo, una specie o di un sistema ambientale al modificarsi delle condizioni esterne. Questo adeguamento avviene grazie alla facoltà che gli organismi viventi hanno di mutare i propri processi metabolici, fisiologici e comportamentali, che consente loro di adattarsi alle condizioni dell'ambiente nel quale vivono. L'adattamento può aumentare l'efficienza nel procurarsi o utilizzare le risorse fondamentali quali aria, luce, acqua e nutrimento; permettere di sopportare determinate condizioni fisiche difficili come basse o elevate temperature e l'assenza di luce, o aumentare la capacità di difendersi da un "predatore". La flessibilità con cui ciascuno di noi rispondere adeguatamente agli stimoli esterni è un importante indice per valutare la nostra capacità di adattamento. L'a. è un processo continuo  attraverso cui cerchiamo di stabilire una condizione di equilibrio con il nostro ambiente, inteso come tutto ciò che ci sta attorno e fa parte della nostra vita.
Ci sono due modalità attraverso cui avviene il processo di adattamento:
  • modalità alloplastica: l'individuo modifica l'ambiente circostante al fine di adattarvisi
  • autoplastica: l'individuo modifica sé stesso al fine di adattarsi all'ambiente.

Va osservato che non si tratta di due modalità alternative di adattamento, ma di due processi mutuamente integrati e interdipendenti. Alla sua base, secondo un modello proposto dallo psicologo svizzero Jean Piaget, esisterebbero i due processi di assimilazione e di accomodamento, attraverso i quali gli schemi mentali vengono arricchiti mediante l'incorporazione degli apporti provenienti dall'ambiente e continuamente modificati per far fronte alle nuove necessità che si presentano. L'adattamento viene così inteso in termini di equilibrio tra l'individuo e l'ambiente. Un adattamento inadeguato viene indicato come disadattamento e può condurre a delle turbe di comportamento.
Infine, se si vuole parlare di "sviluppo" di una civiltà dobbiamo parlare di capacità di adattamento al mutare delle condizioni di vita e dei fattori ambientali.  Questa capacità, innata in ogni essere umano, permette a una civiltà di svilupparsi più o meno in fretta, e quindi di modificarsi, anche in relazione agli scambi che possono avvenire tra popoli e/o società anche lontani. Si potrebbe aggiungere che i popoli le cui civiltà hanno "camminato" più lentamente sono quelli vissuti nell'isolamento, con pochi contatti con i popoli più evoluti e/o vicini.
Come ultima cosa, attualmente è logico pensare che, in tema di sviluppo sostenibile, assume priorità la questione dell'adattamento ai cambiamenti climatici globali ed ai relativi riflessi locali.

Alimentazione

L'alimentazione è l'assunzione, da parte di un organismo vivente, delle sostanze indispensabili per il suo metabolismo e le sue funzioni vitali. In generale, è un modo per la fornitura di elementi indispensabili per il funzionamento di un apparato biologico o meccanico

Le sostanze nutritive vengono prelevate dall'ambiente esterno. Gli organismi viventi possono essere suddivisi in due categorie:

• Autotrofi (vegetali): assorbono dall'ambiente sostanze inorganiche semplici
• Eterotrofi (animali, tra cui l'uomo): devono assumere dall'ambiente molecole organiche

QUALI SONO I TIPI DI ALIMENTAZIONE DELL’ESCURSIONISTA NELL’ARCO
DEL GIORNO?

La dieta deve essere composta da 65% di carboidrati, 25% di grassi, 10% di proteine. Con il freddo il fabbisogno aumenta del 20%.
Mattina: Crackers con marmellata di arance, succo di frutta o cacao (1/4 di latte)
Pasto: ma meglio diluire l’alimentazione nella giornata. Gli alimenti dovrebbero essere divisi in piccole dosi. Tenere presente che le proteine vegetali sono più digeribili (carote, finocchi, rape bianche, lattuga, ravanelli). Introdurre gli zuccheri tramite la frutta (mele e mandaranci), frutta secca o disidratata (noci, uvetta, mandorle, ananas nocciole, non salati).
Se la temperatura è più bassa si possono mangiare uova sode o a frittata, parmigiano fresco.
Tutto il giorno crackers integrali non salati.
E’ importante introdurre acqua minerale unita a poco vino.

Il cibo “giusto” mantiene sani e belli, contrasta l'ossidazione dei tessuti, proteggendo l’organismo dall'attacco dei radicali liberi, le sostanze che accelerano l’invecchiamento e sono responsabili di gravi patologie. Cibi ricchi di antiossidanti sono: arancia, cicoria, cipolla, broccolo, aglio, spinaci, cavoli, carote, pomodori, zucche, agrumi, kiwi, avocado, uva, papaia, lievito di birra. Pistacchi, nocciole, noci, mandorle, sesamo hanno un contenuto equilibrato in grassi monoinsaturi e polinsaturi, vitamina E, nonché un insieme di sostanze che stimolano la produzione del coenzima Q10, conosciuto nel mondo della cosmetica come "l'enzima della bellezza".
E’ fondamentale l’assunzione di acqua che, anche se non contiene sostanze nutrienti, è importante per mantenerci in vita. Bisognerebbe bere almeno 2 lt di acqua povera di sodio e con un residuo fisso basso. L’acqua costituisce il 60% del nostro corpo.

I sette gruppi di alimenti

• Latte e derivati
• Carni, pesci, uova, salumi
• Cereali e tuberi
• Legumi
• Grassi da condimento
• Ortaggi (con diverso contenuto in vitamina A e C)
• Frutta (con diverso contenuto in vitamina A e C)

SCHEMA: Le principali fonti alimentari di vitamine


Vitamina A (Retinolo) e Betacarotene:
ortaggi verdi e gialli (carote, spinaci, broccoletti, piselli, peperoni, prezzemolo, zucca), uova, burro, oli di fegato di pesce, banane, albicocche, ciliege

Vitamina B1 (Tiamina)
cereali integrali, fegato, carne di maiale, fagioli, noci e nocciole, lenticchie, orzo, lievito di birra, soia

Vitamina B2 (Riboflavina)
lievito di birra, fegato, noci, nocciole, orzo, piselli, fagioli, uova, latte

Vitamina B3 (Niacina) o VITAMINA PP
lievito di birra, fegato, rognone, cereali integrali, germe di grano, pesce, pollame, noci, nocciole

Vitamina B5 (Acido Pantotenico)
fegato, pappa reale, germe di grano, rognone, cuore, lievito di birra, semi di girasole, tuorlo d'uovo

Vitamina B6 (Piridossina)
carne, cereali integrali, lievito di birra, vegetali verdi, germe di grano, semi di girasole, grano saraceno, banane

Vitamina B7 (Inositolo)
cereali integrali, agrumi, lievito di birra, fegato

Vitamina B12 (Cianocobalamina)
fegato, rognone, carne, pesce, latte

PABA (Acido Paraminobenzoico)
fegato, lievito di birra, germe di grano, albicocche, arachidi

Vitamina C (Acido Ascorbico)
agrumi, kiwi, peperoni, prezzemolo, patate, pomodoro, cardo, frutta fresca in generale e la maggior parte delle verdure

Vitamina D (Calciferolo)
tuorlo d'uovo, pesce, olio di fegato di pesce, avena, burro, mitili, tonno e salmone, mandorle, ribes

Vitamina E (Alfatocoferolo)
la maggior parte degli oli vegetali, germe di grano, quasi tutti i semi, uova, vegetali verdi, fegato, latte, noci, noccioline, leguminose e cereali integrali

Alpinismo

L’alpinismo potremmo definirlo come un andar per montagne. E’ una disciplina sportiva il cui scopo è raggiungere la vetta di una montagna. Le difficoltà incontrate nell'alpinismo sono soprattutto legate all'ambiente (es. altitudine, presenza di ghiaccio, esposizione alla variazioni meteorologiche, lontananza da luoghi abitati). L’alpinismo, quindi, oltre ad una adeguata preparazione fisica, richiede una particolare conoscenza dell'ambiente di montagna.
Vagare per montagne è un piacere molto semplice che associa l'impegno fisico alla possibilità di guardare in giro e di scoprire nuovi orizzonti. L’ impegno, va commisurato alle proprie capacità psichiche e fisiche. E’ importante avere sviluppato un alto grado di sopportazione alla fatica. Si può andare in gruppo, soli, oppure godere della simpatica compagnia delle guide, che la sanno sempre lunga sulla montagna e sulle sue storie. L'esercizio della marcia in montagna è uno dei più fisiologici e dei più allenanti: in salita l'impegno è principalmente aerobico e cardiovascolare, in discesa domina invece l'aspetto del controllo neuromotorio, quindi la precisione e la coordinazione nell'esecuzione del movimento.
Nell'alpinismo sono presenti vari aspetti dell'animo e della condizione umani; spesso vi è un grande desiderio di esplorazione e di conoscenza, oppure il piacere puramente estetico di godersi una gran bella vista, o ancora il fatto di volersi estraniare dalla folla, allontanarsi per così dire dalla vita comune e starsene per proprio conto. Vi può essere anche una forte propensione al misurarsi con difficoltà di grado variabile, più o meno commisurate alle proprie forze (e per alcuni con la motivazione ferrea di ricercare condizioni particolarmente impegnative, estreme) .

Ambivalenza – bivalenza (e montagna)

Desiderare qualcosa e, allo stesso tempo, detestarla o desiderare ciò che potrebbe essere il suo contrario.
L’ambivalenza si incontra spesso sui sentieri di montagna. Per esempio quando l’ardente desiderio di raggiungere una meta, magari da tempo vagheggiata, sembra sopraffatto da una disposizione meno eroica che ci induce a chiederci se sia davvero il caso di sottoporsi a tanta fatica, sopportando condizioni meteorologiche eventualmente avverse e ci obbliga a prendere in seria considerazione più facili mete di fondovalle (un prato con una fonte, un ristorante…).
Ma l’ambivalenza è anche compagna dei momenti che precedono l’azione, come quando, il giorno prima di un’escursione, l’attesa per l’avventura che ci aspetta si alterna con la consapevolezza disturbante di una inevitabile levataccia e la prospettiva di una meta agognata si intreccia con il timore che sia superiore alle nostre capacità e possibilità, che forse stiamo osando troppo, chissà se ce la faremo ecc. Un mio amico, la notte che precede un’uscita in montagna, spesso dorme male e, in qualche occasione, gli è capitato di avere la febbre.
Dobbiamo ad un collega, Vincenzo Carbone, Educatore Professionale, una interessante puntualizzazione su questo argomento che richiama il pensiero di un famoso psicologo russo, Vygotskij. Egli fa notare come l’attraversamento dell’ambivalenza sia un fattore indispensabile dello sviluppo umano. Sempre, infatti, la prospettiva di ampliare i confini delle nostre capacità si accompagna all’inevitabile timore (o angoscia) di non riuscire e di doverci confrontare duramente con l’esperienza del fallimento. E sempre l’impegno a procedere su un percorso di apprendimento e sperimentazione del nuovo, si intreccia con il rancore suscitato dal trovarsi posti in una condizione che minaccia il nostro attuale senso di competenza e in definitiva di autostima e identità.
L’ambivalenza sembra quindi un attraversamento necessario e inevitabile; semmai un problema è costituito dalla pretesa di evitarla o risolverla eliminando uno dei termini e aderendo totalmente solo all’altro.
A settembre 2004 ci trovavamo, con il nostro gruppo escursionistico, a Pescasseroli, per un soggiorno di alcuni giorni. Si era all’ultimo giorno e, considerate le favorevoli condizioni meteorologiche e il grado di allenamento raggiunto dal gruppo, avevamo pensato, come si dice, di chiudere in bellezza con la salita ad una vicina vetta. Ciò comportava un percorso leggermente più impegnativo di quelli seguiti nei giorni precedenti.
Questa proposta trovò il gruppo tutt’ altro che entusiasta e anzi tendenzialmente scettico. Chi diceva che ci si era già stancati molto nei giorni precedenti; chi riteneva che essendo l’ultimo giorno era meglio rimanere tranquilli in paese in vista del rientro a Roma; chi si dichiarava disposto a sopportare una breve passeggiata, ma nulla di più.
Convenimmo di metterci in cammino e procedere fin quando e fin dove ci saremmo sentiti e vedendo, mano a mano, dove arrivare. Fu così che, attraverso l’incoraggiante raggiungimento di tappe intermedie e nonostante alcune difficoltà di orientamento, si raggiunse una panoramica radura dalla quale un piccolo manipolo, in rappresentanza di tutti, salì alla vetta, di poco soprastante con evidente soddisfazione del gruppo intero.

Apotropaico e (rito apotropaico)

Apotropaico deriva dal greco "apò" + "trepò" che significa "allontanato da". E' solitamente attribuito ad in qualcosa, inanimata o animata, ad un rito, ad una preghiera, ad un gesto, o a una formula, capaci di allontanare e di annullare influssi negativi e/o maligni.
In psichiatria, come nei racconti e nelle favole, si trovano simboli apotropaiaci, che rappresentano il bisogno di prendere le distanze da qualcosa, consciamente o inconsciamente. Il significato psicologico rimanda a meccanismi "di fuga" da un pericolo eventuale o di "rimozione" di eventi traumatizzanti.
Tra gli oggetti si possono ricono0scere pietre particolari, figure di animali, mostri, maschere.
Tra i riti, quelli che venivano riservati ai generali degli antichi romani in trionfo.
Tra le preghiere e le formule, troviamo tutta una letteratura che si avvicina molto alla magia. , Tra gli atti e i gesti, per esempio quello di mostrare l'indice e il mignolo, che deriverebbe dall'uso che le donne romane avevano di mettersi un anello a quelle dita. Un altro gesto molto conosciuto è quello di toccare ferro, o appendere un ferro di cavallo fuori dalla porta per allontanare le negatività. Questo deriverebbe da una leggenda legata ad un santo, san Dunstano, che riuscì a bloccare il diavolo inchiodandolo a terra con dei chiodi per i ferri da cavallo, avendo così da lui, in cambio della liberazione, la promessa di non entrare più in un luogo dove ci fosse un ferro di cavallo.
Ah, a proposito: il ferro di cavallo andrebbe appeso, inchiodato ( ma non bloccato) con i bracci verso l'alto, con un numero dispari di chiodi arrugginiti.
In montagnaterapia, un rito apotropaico potrebbe essere quello della "costruzione" dello zaino, che porta con sé il significato dello stare bene, di non aver bisogno di altro, di avere tutto, senza alcun problema per la permanenza in ambienti a volte difficili. Un rito esorcizzante, che annulla tutto quello che di brutto e di male abbiamo dentro e fuori di noi.

Appartenenza (- separazione)

Di recente un giovane partecipante al gruppo di escursionismo diceva: “Quando ricevo le riviste del Club Alpino sono contento. Mi sento fiero e orgoglioso di far parte di questa associazione” e subito dopo chiedeva quando avrebbe avuto anche lui quella bella tessera in pelle, testimonianza ostensibile dell’appartenenza di ciascun socio al sodalizio.
Frequentare la montagna, praticare l’escursionismo vuol dire entrare a far parte di un gruppo, di una comunità. Intanto il gruppo del Servizio; ma anche la comunità di tutti i gruppi che presso diversi Servizi frequentano la montagna (una comunità che, come sappiamo, a volte prende corpo anche fisicamente. Ci riferiamo alle esperienze allargate che, in questi anni, abbiamo più volte proposto). Ad un livello subito successivo, la comunità degli appartenenti ad una certa associazione; ma, infine, la comunità allargata di tutti gli uomini che frequentano la montagna e che per questo si riconoscono tra loro come simili e si salutano, incontrandosi lungo i sentieri anche se non si conoscono.
Seguendo il pensiero dello psicoanalista Franco Fornari e ricordando il concetto da lui proposto di “coinonia” (esperienza di accomunamento), posiamo pensare che l’interesse, la passione per la montagna ed il desiderio di percorrerla costituiscono l’elemento che rende tanti diversi individui, simili tra loro e perciò membri di un gruppo e appartenenti ad una comunità. Un altro importante psicoanalista, Heinz Khout, ha, d’altra parte, messo in evidenza come la possibilità di appartenenza ad un gruppo è, in definitiva, per ciascuno di noi, possibilità di sentirsi appartenenti al mondo degli uomini, possibilità di sentirsi uomo tra gli uomini.
Ciò ha tanto più valore se pensiamo alle condizioni che caratterizzano l’esistenza delle persone portatrici di “disturbi mentali” per le quali la dinamica intrinseca della malattia, ma, forse ancor più il modo in cui essa trova risposta nel contesto sociale, conducono a marginalità, isolamento, mancanza di appartenenza appunto.

Arcobaleno

L'arcobaleno è un fenomeno ottico e meteorologico che produce uno spettro continuo di luce nel cielo quando il Sole si riflette sulle gocce rimaste in sospensione dopo un temporale, o presso una cascata o una fontana.

Visivamente è un arco multicolore; la sequenza completa dei colori è: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto. Esso è la conseguenza della dispersione e dalla rifrazione della luce solare contro le pareti delle gocce stesse.

In rari casi, può formarsi un arcobaleno lunare, o notturno (moonbow), che può essere visto nelle notti di forte luce lunare. Ma, siccome la percezione umana dei colori in condizioni di poca luminosità è scarsa, gli arcobaleni lunari sono percepiti come bianchi.

L'aspetto di un arcobaleno è provocato dalla dispersione ottica della luce solare che attraversa le goccie di pioggia. La luce viene prima rifratta quando entra nella superficie della goccia, riflessa sul retro della goccia e ancora rifratta come lascia la goccia. Tutte le goccie di pioggia rifraggono la luce solare nello stesso modo, ma solo la luce di alcune di esse raggiunge l'occhio dell'osservatore. Questa luce è quella che costituisce l'arcobaleno per quel determinato osservatore.

La posizione di un arcobaleno nel cielo è sempre dalla parte opposta rispetto al sole, e l'interno è sempre leggermente più luminoso dell'esterno

L'arcobaleno ha un posto nelle leggende a causa della sua bellezza ed alla difficoltà di spiegare il fenomeno:

• Nella Genesi 9:13, l'arcobaleno è un segno dell'unione tra Dio e l'umanità. Dopo che Noè sopravvive al diluvio universale nella storia dell'Arca di Noè, Dio invia un arcobaleno per promettere che non avrebbe mai più inviato un tale diluvio per distruggere la terra.
• Nella mitologia greca, si tratta di un sentiero fatto da un messaggero (Iris) tra terra e paradiso.
• Il nascondiglio segreto del folletto (leprechaun) Irlandese col suo pentolone pieno d'oro è generalmente alla fine di un arcobaleno.
• Nella mitologia cinese, l'arcobaleno era una spaccatura nel cielo sigillata dalla dea Nüwa con pietre di sette colori differenti.
• Nella mitologia Hindù, l'arcobaleno è chiamato Indradhanush, l'arco di Indra, il dio del fulmine e del tuono.

Arrampicata

L'arrampicata è una disciplina sportiva caratterizzata sia da un aspetto fisico motorio che da una importante componente psicologica. Può essere definita come la salita di un ostacolo, sia esso una parete rocciosa, naturale espressione e terreno preferito su cui l'arrampicata si è sviluppata in tutte le sue forme, sia esso un pannello artificiale o una qualsiasi struttura urbana.
Si distinguono diverse specialità di arrampicata in funzione del ambito in cui essa si svolge:

  • Su roccia - che si svolge risalendo pareti rocciose in ambiente naturale (falesie)
  • Su ghiaccio - che si svolge risalendo ghiacciai e/o cascate gelate
  • Arrampicata su terreno misto
  • Su pannelli artificiali, e in tal caso si parla di arrampicata in palestra o arrampicata indoor.

L'arrampicata può essere distinta in libera o in artificiale, per sottolineare la differenza tra le due pratiche che si attuano con l'utilizzo di aiuti artificiali o meno per compiere la scalata. Per arrampicata libera (o Free Climbing) si intende lo stile di arrampicata nel quale l'arrampicatore affronta la progressione con il solo utilizzo del corpo: mani nude, piedi (normalmente con le scarpette), ma anche appoggiando e incastrando il corpo intero o sue parti. Questo non esclude a priori l'utilizzo di attrezzatura, come la corda, l'imbrago, il discensore, i moschettoni, i nuts, i friends e i rinvii, ma questo equipaggiamento è usato esclusivamente per l'assicurazione, per limitare i danni in caso di caduta. Per arrampicata in artificiale si intende lo stile di una ascensione sulla roccia praticata da un'alpinista nella quale si utilizzano come supporto oltre la corda anche altri strumenti (sia tipici dell'assicurazione come chiodi, cams,... che propri dell'artificiale come le staffe) anche per creare appigli e appoggi. Nella arrampicata in artificiale si fa ricorso a strumenti speciali al fine di assistere lo scalatore per permettegli di restare appeso alla roccia unendo contemporaneamente due aspetti molto importanti. Il primo é quello di permettere il superamento in sicurezza dei punti critici, il secondo consiste nel danneggiare il meno possibile la roccia stessa e conseguentemente di rispettare la natura.
Esistono varie scale per valutare la difficoltà dei vari tipi di arrampicata. Le classificazioni vengono utilizzate per descrivere le diverse sezioni dell' itinerario mentre per una valutazione d' insieme degli itinerari alpinistici si utilizzano delle sigle :

  • F (facile)
  • PD (poco difficile)
  • AD (abbastanza difficile)
  • D (difficile)
  • TD (molto difficile)
  • ED (estremamente difficile)
  • EX (eccezionalmente difficile)

Questa sigle tengono conto, per esempio, dell' asprezza dell' ambiente, dell' isolamento, della qualità della roccia. Per le vie di salita su ghiaccio le pendenze vengono espresse in gradi e viene utilizzata, per analogia, la stessa classificazione d' insieme prevista gli itinerari su roccia (F - EX).
L'appoggio è una sporgenza o un incavo della parete che l'alpinista (o arrampicatore può usare per la progressione. In particolare si definisce appoggio una asperità della roccia che permette l'uso degli arti inferiori, appoggiandoci sopra il piede o una parte di esso (la punta o la parte esterna). Gli appoggi possono essere sfruttati essenzialmente in tre modi a seconda della situazione e del tipo di asperità:

  • in appoggio, quando il peso e la spinta dell'alpinista sono perpendicolari al piano d'appoggio
  • in aderenza, quando si sfrutta l'attrito tra roccia e calzatura
  • in incastro, quando il piede si incastra in una fessura della roccia

Il tipo di calzatura influenza anche la posizione del piede nello sfruttare la spinta sugli appoggi, più la calzatura è rigida (scarpone) maggiore è la possibilità di sfruttare tecniche in appoggio di punta anche su asperità di piccola dimensione mentre l'aderenza è ridotta dalla minore superficie d'appoggio. Viceversa con scarpette da arrampicata l'appoggio risulta più difficoltoso (tipicamete usando il bordo laterale della calzatura e quasi mai la punta) mentre l'aderenza è indubbiamente superiore.
L'appoggio può essere usato anche con la mano, e in tal caso diventa appiglio. L'appiglio è una sporgenza o un incavo della parete che l' arrampicatore può usare per la progressione In particolare si definisce appiglio una asperità che permette l'uso degli arti superiori per trazione o spinta. Si parla di trazione quando si esercita una presa sulla roccia usando la mano o una parte di essa (uno o più dita) e di spinta quando si esercita una pressione perpendicolare (o quasi) alla superficie rocciosa sfruttando l'attrito mano-roccia.
Esistono una varietà di appigli che possono essere classificati nel seguente modo:

  1. Per orientamento:
    • orizzontale
    • verticale
    • rovescio
    • inclinato verso l'alto
  2. Per forma:
    • marcato
    • poco marcato
    • arrotondato
    • colonnetta

Possono essere considerati assieme agli appigli anche gli incastri, ovvero quando in una fessura nella roccia si inserisce una mano, una parte di essa (una o più dita), il pugno chiuso o il braccio allo scopo di creare un punto di trazione o spinta.

Ascolto - ascoltare

L'ascolto è l'atto dell'ascoltare, l'arte di stare a sentire con attenzione quello che c'è fuori e dentro di noi. E' lo strumento che mette in moto i nostri strumenti di comunicazione, di apprendimento e di conoscenza, nei confronti del nostro esterno, ma anche del nostro interno. Ascoltare l'altro significa accogliere, dare senso alle parole, alle cose e alle emozioni. Comprendere i punti di vista e le ragioni dell'altro. Ascoltare l'altro significa mettere da parte il nostro mondo interiore, il giudizio, la critica, la competizione. Attraverso l'ascolto ci si può arricchire e si può ampliare la nostra coscienza, mettendo da parte i propri modi di essere e di pensare. Significa mettersi nei panni dell'altro, uscire dalle proprie convinzioni, abbassare le proprie difese e i nostri pregiudizi.
Attraverso l'ascolto si ha e si da la molteplicità della realtà.
E la montagna è il laboratorio che ci consente l'ascolto dell'essere.
"Ascoltare è una cosa magnetica e speciale, una forza creativa. Gli amici che ci ascoltano sono quelli a cui ci avviciniamo. Essere ascoltati ci crea, ci fa aprire ed espandere" (Karl Menninger).

Auto mutuo aiuto

Complesso sistema assicurativo (da qui la parola “mutuo”) basato sul sostegno e sul rinforzo positivo reciproco.
L’OMS definisce l’AUTO MUTUO AIUTO come l’insieme di tutte le misure adottate da figure non professioniste per promuovere, mantenere o recuperare la salute, intesa come completo benessere fisico, psicologico e sociale di una determinata comunità
Il confrontarsi, per ritrovare fiducia in se stessi e negli altri ad acquisire autostima, a trasmettere emozioni, sentimenti e pensieri.
La depressione, l'ansia, il panico, la malinconia, il dolore, la confusione, la solitudine possono essere vissute non come una malattia, ma come momenti di vita quotidiana di ognuno di noi.
Si sta insieme, si ascolta e si é ascoltati, senza pregiudizi, senza giudizio, in un clima armonioso, in cui conta non tanto trovare soluzioni istantanee ai problemi ma,. scoprendo le proprie risorse interiori, poterli affrontare positivamente con più forza
E’ caratteristico come, affrontando in una situazione gruppale determinate circostanze contrassegnate da una certa problematicità, legata a condizioni di modesto rischio o di difficoltà da superare, si sviluppino spontaneamente comportamenti cooperativi tra i membri del gruppo. Questo atteggiamento si manifesta per esempio nella tendenza collettiva a soccorrere un compagno che appaia, per qualche motivo, in difficoltà e nell’incoraggiamento reciproco (anche con scherzi e battute, spesso autoironiche); comportamenti che contribuiscono a creare un atteggiamento positivo e motivato nel gruppo, rispetto al compito da affrontare, e a ridimensionare in un clima solidale impacci e goffaggini che spesso etichettano i soggetti disabili nell’impietoso confronto quotidiano con un ambiente sociale improntato sulla competitività e sull’efficientismo.
Nel gruppo si ritrova così fiducia in se stessi e negli altri, si acquista autostima.
E, d’altra parte, si rinsaldano così i legami affettivi tra i partecipanti e in alternativa all’esperienza dell’isolamento, che spesso caratterizza le situazioni di disagio psichico.

Autonomia

La libertà degli antichi è l’autonomia politica collettiva. Quella dei moderni la libertà privata individuale. E’ la capacità di riuscire a governarsi da sé sulla base di leggi proprie. E’ la capacità di essere indipendenti, liberi di pensare, agire e di interagire con gli altri.

Autostima

L’autostima è la valutazione che ci diamo, il nostro modo di vederci e di viverci.
Quante volte ci sarà capitato di sentirci dire "non hai fiducia in te", "non sei consapevole delle tue potenzialità, di quello che potresti fare"...  O al contrario ci avranno visti come io grandi interpreti di noi stessi: "...chi ti credi di essere?", "...tu non sai chi sono io!".
Potremmo dire che l’autostima è determinata da informazioni oggettive e soggettive, riferite a tre tipi di sé:

  • il sé reale: cioè la valutazione oggettiva delle nostre competenze
  • il sé percepito: cioè la nostra valutazione di noi stessi. E' facile che il sé reale e il sé percepito non coincidano
  • Il sé ideale: cioè i come noi desideriamo di essere. Questo sé è influenzato dalla cultura e dalla società.

Il concetto di autostima non è unitario ma può riferirsi a vari ambiti:

  • Ambito sociale: il concetto è in relazione alla cerchia di amici, ai parenti, ai conoscenti, al  partner. Si tratta di come stiamo quando siamo con gli altri, se ci sentiamo approvati, sostenuti, aiutati…
  • Ambito scolastico/lavorativo: quanto ci sentiamo bravi e contenti nell’intraprendere un’attività e i vantaggi che questo comporta
  • Ambito familiare: l'autostima è influenzata dalla sicurezza affettiva. Nei bambini sono fondamentali il rapporto madre-figlio e le valutazioni dei genitori
  • Ambito corporeo: il concetto è legato all’aspetto fisico e alle prestazioni fisiche

L' autostima è sempre legata alla dinamica di crescita della personalità, cioè a quel processo complesso che Jung definiva "individuazione", e cioè sano riferimento al proprio Sé. ogni fase della vita richiede un lavoro personale per giungere ad un livello maturo e stabile di autostima. Questa si colloca nell' ambito dell'esperienza umana e concreta dell'individuazione, una realtà che deve costantemente essere nutrita ed alimentata, come  un fiore che va annaffiato ogni giorno. L' autostima è un' esperienza ma anche fare un' esperienza. Significa accorgersi di crescere. Significa, in primo luogo, accorgersi di vivere ed agire nel presente grazie alla propria unicità, che spinge la persona ad essere protagonista in modo creativo ed originale. La persona dotata di autostima autentica può definirsi persona consapevole.
I problemi di autostima nascono dalla discrepanza, dalla non coincidenza  tra il sé ideale e il sé percepito. Se tendiamo a svalutarci, ci sentiamo troppo lontani da come vorremmo  essere e il nostro modello ideale ci appare troppo lontano, irraggiungibile, e  quindi noi ne soffriamo.
Al contrario, le persone che si sopravvalutano sono convinte di essere proprio come loro  desiderano.
L’autostima influenza  la consapevolezza di poter consapevolmente raggiungere obiettivi, influenza il tono dell’umore, le relazioni affettive, in generale, influenza il successo nella vita e le scelte di ogni tipo.

Ci sono alcune malattie psichiche che vanno proprio ad abbassare l’autostima, come la depressione, a causa della quale la persona si disprezza e si svaluta, o la mania, per cui la persona si sente una persona molto importante e potente.

Azimuth

È un termine usato prevalentemente in astronomia e in aeronautica e deriva dall'arabo as-samt (la direzione) o dal suo plurale as-sumut (le direzioni).

In pratica: se si unisce con una linea l'osservatore al Nord, e con un'altra linea l'osservatore all'oggetto osservato e si fa scorrere una semiretta centrata sull'osservatore in senso orario sul cerchio dell'orizzonte, l'angolo che quella semiretta deve percorrere per passare dalla direzione Nord alla direzione dell'oggetto rappresenta l'azimut dell'oggetto stesso.



Convenzionalmente, il Nord ha azimut pari a 0 gradi, l'Est azimut pari a 90 gradi, il Sud a 180 gradi e l'Ovest a 270 gradi. L'azimut copre pertanto la gamma di angoli da 0° incluso a 360° esclusi.