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Sacrificio
Sacrificio deriva dal latino: "sacer" + "facere", e cioè rendere sacro.
E' quel rituale con cui qualcosa perde la condizione "profana", terrena, quotidiana, e ne assume quella "sacra", divina. Questo avviene attraverso un'offerta (consacrazione) a favore di una o più entità più potenti o sovrumane, come atto di adorazione e di devozione, o come atto propiziatorio-espiatorio. Il sacrificio poteva essere fatto per suggellare un patto o un giuramento.
Si sa che nell'antichità e in varie parti del mondo si facevano sacrifici umani: l'idea che qualcuno dovesse morire per salvare gli altri è il motivo principale di questo sacrificio. Questo si basa sull'idea del riscatto mediante sostituzione.
Il sacrificio umano, in alcuni popoli, era, ed è tutt'ora, sostituito dal sacrificio di forme simboliche, come immagini, statue o altro, invece di persone o animali vivi.
Ai giorni nostri il sacrificio è, in generale, un grande sforzo o la rinuncia a qualcosa di importante per raggiungere un fine o una meta.
Nei nostri gruppi vediamo sempre persone che con grande fatica vanno avanti, fatica di forza umana, ma anche, a volte rispetto alle cose con cui nutrirsi, senza gli agi della vita di città, con il freddo, con il caldo, con il vento, la pioggia, la neve vanno avanti perché hanno capito che con questi sacrifici ottengono una loro dimensione nel gruppo, nell'esperienza che stanno vivendo e nella loro vita, una volta che sono tornati a casa.
Scoperta
Indubbiamente la scoperta di luoghi a noi sconosciuti del territorio. La scoperta di percorsi diversi per arrivare a uno stesso luogo. La scoperta di come lo stesso ambiente risulta diverso nelle diverse stagioni. E tanto altro ancora.
Ma anche la scoperta di proprie capacità e interessi. E la scoperta di possibilità nuove a cui, finora, non si era pensato.
Così un giovane del nostro gruppo, partecipando ad un’uscita sulla neve, ha scoperto quanto camminare sul manto nevoso gli fosse congeniale e gradito. Da lì ha preso lo spunto per partecipare, di propria iniziativa, alle uscite domenicali condotte dal nostro accompagnatore per i membri della sua associazione.
Sentiero
Il sentiero è una via stretta, a fondo naturale e tracciata
dal frequente passaggio di uomini e animali, tra prati, boschi
o rocce ed è normalmente presente sia in pianura, che collina
o montagna.
Esistono diverse classificazioni di un sentiero , per es. a seconda
delle difficoltà che esso presenta per l’escursionista
(turistico, escursionistico, alpinistico) o in base a caratteristiche
storico/funzionali (di fondovalle, di traversata, di accesso dai
fondovalle).
Nell’escursionismo il sentiero è strettamente correlato
alla segnaletica, elemento imprescindibile (particolarmente
per chi ha poca esperienza ) per essere sicuri di seguire il percorso
corretto ed evitare di perdersi smarrendo l’orientamento,
soprattutto in assenza di una cartina topografica (cartografia).
Il sentiero può anche costituirsi come metafora di un percorso
ideativo (il filo dei pensieri), un itinerario sovente non lineare,
anzi soggetto a continue deviazioni, a salite e discese,che talvolta
ti sembra che non porti da nessuna parte o che addirittura stia
tornando indietro, a un certo punto può sembrare di averlo
perso,poi ecco d’improvviso un segno rosso sul tronco di
un faggio e si ritrova la strada… per poi giungere inaspettatamente
alla meta prefissata o per lo meno all’aprirsi di un’inattesa
nuova prospettiva(un paesaggio panoramico o per rimanere nella
metafora una punto di vista diverso e creativo su sé stessi
o sul mondo circostante); allora tutto il percorso precedente
ancorché contorto e poco comprensibile assume una valenza
assai più significativa soprattutto in relazione alla fatica
e alla fiducia (nelle mappe, nelle segnalazioni, ma ancor di
più nell’esperto che si assume il ruolo guida) che
sono stati necessari per arrivarvi.
E’ caratteristica di un nostro paziente la tendenza ad andare
notevolmente avanti rispetto al gruppo e a uscire sovente fuori
del percorso tracciato ,segnalando in questo modo la sua esigenza
di potersi in qualche modo “distinguere” dal resto
del gruppo e ribadire un suo voler essere “fuori dal coro”,
oltre alla sfida implicita agli operatori costretti a frequenti
“richiami” all’ordine.
Sentimento oceanico
Ne parla Freud, riprendendo e discutendo il concetto con un suo
più giovane contemporaneo, Romain Rolland. Fa riferimento
all’essenza del sentimento religioso, “assunto come
una condizione mentale di unità con il tutto,
che rende mobili i confini dell’identità e quelli
tra sogno, illusione e realtà” (Gaburri E. Psicoanalisi:
per un’etica profana, in Preta, 1999) (Gaburri E. Ambrosiano
L. Ululare con i lupi, Boringhieri 2003; pp. 131-142).
E’ la sensazione di fusione tra l'io e l'ambiente.
Un vissuto che ha uno stretto rapporto con la contemplazione della
natura e degli spazi aperti e sconfinati (vedi “Vetta”),
come testimonia un episodio accaduto allo stesso Freud che scrive
(“L’ Avvenire di un’illusione”):
“Ero già un uomo maturo allorché per la prima
volta mi trovai sul colle dell’Acropoli di Atene, fra le
rovine dei templi, con lo sguardo rivolto al mare azzurro. Alla
mia felicità si mescolò un sentimento di stupore
che sembrava voler dire: “Dunque è davvero così
come abbiamo imparato a scuola!””. Egli poi analizzerà
in dettaglio questo episodio in una lettera aperta diretta proprio
a Romain Rolland.
Ma il legame tra sentimento oceanico e contemplazione della natura
e degli spazi aperti è ben noto anche ai poeti.
Così si esprime Giosuè Carducci in un passo di una
sua celebre poesia, “Davanti San Guido”:
E Pan l’eterno che sull’erme alture
A quell’ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà.
Il sentimento oceanico deve aver sfiorato anche uno dei partecipanti
ad un’escursione del nostro gruppo; quando lui, persona
rude e non avvezza a sentimentalismi, guardando, dalla Sella del
Semprevisa, verso l’Agro Pontino e osservando il Lago di
Sabaudia che nella foschia della costa rifletteva la luce del
pallido sole di novembre, disse assorto: “Però…che
cos’è la natura!”.
Silenzio
E’ la completa assenza di suoni, di voci, di rumori. E’ il non parlare e l’essere capace di non parlare. Il tacere.
Vi è un detto che dice: “Le parole sono preziose, ma più prezioso è il silenzio”. Spesso disturbiamo la pace del nostro ambiente con un’involontaria mancanza di silenzio. Se ne capiamo il significato, riusciamo a realizzare una grande verità.
Quando c’è il silenzio il tempo sembra rallentare e fermarsi. Nel silenzio non c’è la frenesia di vivere. Ogni oggetto acquista significati diversi, più profondi e tenaci. Spesso lo ricerchiamo il silenzio, invano, un silenzio antico, profondo di significati e di emozioni. In una musica l’attimo del silenzio, della pausa, è sempre estremamente importante: dà significati, rilevanze… Il silenzio è magico, antico. Nel silenzio riconosci tutti i suoni, i valori della vita e delle cose. Spesso preghiamo in silenzio, non per nasconderci agli altri ma perché ci sembra di essere più in unione con Dio.
Slavine
Si chiamano slavine perché in genere originano da scivolamento di uno strato nevoso sul sottostante quando quello (il primo) è più gelato, rigido e/o liscio dell’altro. La pendenza può creare attrito: se questa viene vinta dalla gravità si può creare distacco di strati e poi scivolamenti, e quindi una slavina.
I distacchi sono più frequenti quando si raggiunge la temperatura massima (ore 13,00 – 13,30). Ma accadono anche alla temperatura più bassa (ore 4,00).
Le zone boscose limitano le escursioni termiche. In genere sotto i 27° C o sotto il 60% di pendenza non avvengono distacchi nevosi pericolosi.
Soccorso alpino e speleologico
L’obbiettivo principale a seguito di un incidente è
quello di garantire all’infortunato la sopravvivenza e la
massima limitazione dei danni, l’iter da seguire è:
Valutare la scena dell’incidente: significa
innanzitutto rendersi conto di cosa è successo, di quante
persone sono state coinvolte, valutare il luogo dove ci si trova
e la sua eventuale pericolosità.
Valutare le condizioni dell’infortunato:
significa innanzitutto valutare la dinamica dell’incidente
per farsi un’idea del tipo di trauma subito e poi compiere
un’ispezione sul corpo dell’infortunato per rendersi
conto del suo stato fisico.
Operare il primo soccorso: è necessario
nel caso in cui l’infortunato vada rianimato o non respiri
o vada interrotta un’emorragia.
Allertare il Soccorso Alpino: per far questo
risulta comodo avere con sé un telefono cellulare; in assenza
di questo o del campo necessario al suo funzionamento, è
indispensabile raggiungere a piedi un posto da cui poter effettuare
la chiamata. Se possibile, comunque, non abbandonare l’infortunato.
Se già si sa che la zona in cui ci si trova non è
coperta da rete cellulare, una radio ricetrasmittente può
essere un valido sostituto. Se non si ha alcun segnale radio,
si può utilizzare un segnale internazionale di richiesta
di aiuto, che consiste in una serie di segnali acustici o luminosi,
uno ogni 10 secondi per minuto, seguiti da una pausa di un minuto,
poi si ripete. In ogni caso, bisogna lasciar detto a qualcuno
(amici, parenti, gestori dell’albergo o del rifugio) dove
si vuole andare e che itinerario si intende seguire.
Il numero principale per il primo soccorso è il 118 o 112.
I dati da fornire sono:
• Chi dà l’allarme
• Luogo dove è successo l’incidente e tipo
di sito o di zona
• Quanti sono i feriti (o gli ammalati)
• Che cosa è successo (dinamica dell’incidente
, tipo di trauma, o tipo di malore)
• Quando è successo
• Condizioni generali dei feriti (o ammalati)
• Condizioni meteo
• Indicazioni circa le condizioni di visibilità,
del vento, eventuali ostacoli al volo (teleferiche, linee elettriche)
e all’atterraggio di un elicottero (bosco, pendio, ecc,)
A seguito di chiamata, il 118 allerta la stazione di soccorso
alpino di competenza territoriale (o la più vicina al luogo
dell’incidente). Da qui parte la procedura di soccorso che
viene regolata in base ai dati passati all’operatore della
centrale. Alla stazione del CNSAS, in base alle nostre indicazioni,
viene scelto il materiale di soccorso da portare nell’intervento
e in base alle informazioni meteo sul luogo dell’incidente
viene deciso se inviare un elicottero o una squadra a piedi. Gli
elicotteri non volano di notte.
RICORDARSI CHE:
In caso di slavina, non bisogna mai togliersi lo zaino in quanto ripara dai colpi durante le cadute, darà aria se seppelliti, isolerà la schiena dal freddo e ammortizzerà la compressione finale della neve sul corpo. Bisogna cercare di galleggiare e/o di raggiungere l’esterno, il bordo o la sponda della slavina, dove la velocità è minore e dove i colpi sono meno traumatici. Cercare di tenere una posizione ad uovo, chiusi, con le ginocchia strette al petto, i tacchi ai glutei, le mani dietro alla nuca, i gomiti tra le ginocchia. Stare fermi, cercare la superficie oppure cercare di fare un foro in modo da respirare.
La ricerca del disperso si deve fare subito, entro 1 ora, con l’A.R.V.A. (piccolo strumento ricetrasmittente impermeabile che permette l’emissione di segnali ad alta frequenza 457 K hz), e con le sonde.
Solidarietà
Dalla dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo: "Tutti
gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e
diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire
gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza."
E’ il sentimento che riunisce fra loro persone che fanno
parte dello stesso gruppo e che spinge ad aiutarsi e a sostenersi
vicendevolmente.
E’ un vincolo di assistenza reciproca che unisce gli individui
nel momento del bisogno.
E’ l’insieme dei legami affettivi e morali che uniscono
la persona alla comunità di cui fa parte, e questa alla
persona.
E’ il sentimento che fa condividere opinioni, emozioni,
difficoltà, gioie e dolori, e l’agire di conseguenza.
Solitudine
Stare senza altri, vivere da solo, senza l’intervento di
altri.
Potrebbe essere la condivisione di un luogo solitario, non frequentato.
La solitudine può essere anche un’opportunità
di sviluppo e di benessere interiori, un'occasione preziosa da
sfruttare. Una condizione cercata anziché subita: infatti
non esiste creatività artistica senza concentrazione e
isolamento. L'incapacità di stare almeno qualche ora della
giornata da soli, o la dipendenza dalla presenza degli altri,
potrebbe essere la spia di qualche malessere interiore, di qualche
inadeguatezza personale.
Spazi condivisi
Lo spazio è un posto o un vano disponibile.
Sono luoghi, estensioni circoscritte, occupate da persone che
stanno e/o “lavorano” insieme.
Sono anche ambiti di possibilità, di azione, di opportunità.
Sono estensioni del tempo e dei luoghi
Sviluppo
E’ l’insieme dei processi di espansione, di crescita
umana, di maturazione.
La possibilità di percepirsi in una prospettiva di sviluppo
si contrappone al vissuto di condurre un’esistenza contrassegnata
dalla ripetizione sterile e priva di direzione (coazione a ripetere),
nella consapevolezza di dissipare il tempo dell’esistenza.
Con il termine ci riferiamo, allora, alla prospettiva di sviluppo
in cui il gruppo e ciascun membro, può sentire di collocarsi
con riferimento all’attività specifica che si è
intrapresa (nel caso nostro l’escursionismo). Praticare
quella certa attività consente l’esperienza del procedere
lungo un percorso di crescita e fa vivere il sentimento che si
può migliorare, che si sta migliorando, che si ottengono
i risultati desiderati, che c’è aumento delle capacità
e delle conoscenze ecc..
L’esperienza di poter progredire in un’attività
specifica è una metafora della possibile evoluzione personale;
suggerisce l’indicazione e sostiene la speranza che le cose,
nella vita, non sono ferme ed immutabili, ma ci possono essere
margini di trasformazione e crescita. (Vedi “Ambivalenza”)
La pratica dell’escursionismo è ricca di aspetti
in relazione ai quali può essere sperimentata una prospettiva
di sviluppo. Essa è già presente nella logica intrinseca
di un’escursione che prevede un punto di partenza, un punto
di arrivo, un percorso, il superamento di difficoltà connesse
al tipo di terreno, alle condizioni atmosferiche, all’orientamento…Ma
pensiamo anche alla necessità e alla possibilità
di imparare a scegliere gli equipaggiamenti (vedi anche le voci
“ “Abbigliamento” e “Equipaggiamento”);
di imparare a camminare su terreni impervi; di migliorare la capacità
di dosare le energie ecc.