(ottobre 2016)
a cura di Nicola G. De Toma, Vincenzo F. Scala, Vinicio Ruggiero


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S

Sacrificio

Sacrificio deriva dal latino: "sacer" + "facere", e cioè rendere sacro.
E' quel rituale con cui qualcosa perde la condizione "profana", terrena, quotidiana, e ne assume quella "sacra", divina. Questo avviene attraverso un'offerta (consacrazione) a favore di una o più entità più potenti o sovrumane, come atto di adorazione e di devozione, o come atto propiziatorio-espiatorio. Il sacrificio poteva essere fatto per suggellare un patto o un giuramento.
Si sa che nell'antichità e in varie parti del mondo si facevano sacrifici umani: l'idea che qualcuno dovesse morire per salvare gli altri è il motivo principale di questo sacrificio. Questo si basa sull'idea del riscatto mediante sostituzione.
Il sacrificio umano, in alcuni popoli, era, ed è tutt'ora, sostituito dal sacrificio di forme simboliche, come immagini, statue o altro, invece di persone o animali vivi.
Ai giorni nostri il sacrificio è, in generale, un grande sforzo o la rinuncia a qualcosa di importante per raggiungere un fine o una meta.
Nei nostri gruppi vediamo sempre persone che con grande fatica vanno avanti, fatica di forza umana, ma anche, a volte rispetto alle cose con cui nutrirsi, senza gli agi della vita di città, con il freddo, con il caldo, con il vento, la pioggia, la neve vanno avanti perché hanno capito che con questi sacrifici ottengono una loro dimensione nel gruppo, nell'esperienza che stanno vivendo e nella loro vita, una volta che sono tornati a casa.

Scoperta

Indubbiamente la scoperta di luoghi a noi sconosciuti del territorio. La scoperta di percorsi diversi per arrivare a uno stesso luogo. La scoperta di come lo stesso ambiente risulta diverso nelle diverse stagioni. E tanto altro ancora.

Ma anche la scoperta di proprie capacità e interessi. E la scoperta di possibilità nuove a cui, finora, non si era pensato.

Così un giovane del nostro gruppo, partecipando ad un’uscita sulla neve, ha scoperto quanto camminare sul manto nevoso gli fosse congeniale e gradito. Da lì ha preso lo spunto per partecipare, di propria iniziativa, alle uscite domenicali condotte dal nostro accompagnatore per i membri della sua associazione.

Sentiero

Il sentiero è una via stretta, a fondo naturale e tracciata dal frequente passaggio di uomini e animali, tra prati, boschi o rocce ed è normalmente presente sia in pianura, che collina o montagna.
Esistono diverse classificazioni di un sentiero , per es. a seconda delle difficoltà che esso presenta per l’escursionista (turistico, escursionistico, alpinistico) o in base a caratteristiche storico/funzionali (di fondovalle, di traversata, di accesso dai fondovalle).
Nell’escursionismo il sentiero è strettamente correlato alla segnaletica, elemento imprescindibile (particolarmente per chi ha poca esperienza ) per essere sicuri di seguire il percorso corretto ed evitare di perdersi smarrendo l’orientamento, soprattutto in assenza di una cartina topografica (cartografia).
Il sentiero può anche costituirsi come metafora di un percorso ideativo (il filo dei pensieri), un itinerario sovente non lineare, anzi soggetto a continue deviazioni, a salite e discese,che talvolta ti sembra che non porti da nessuna parte o che addirittura stia tornando indietro, a un certo punto può sembrare di averlo perso,poi ecco d’improvviso un segno rosso sul tronco di un faggio e si ritrova la strada… per poi giungere inaspettatamente alla meta prefissata o per lo meno all’aprirsi di un’inattesa nuova prospettiva(un paesaggio panoramico o per rimanere nella metafora una punto di vista diverso e creativo su sé stessi o sul mondo circostante); allora tutto il percorso precedente ancorché contorto e poco comprensibile assume una valenza assai più significativa soprattutto in relazione alla fatica e alla fiducia (nelle mappe, nelle segnalazioni, ma ancor di più nell’esperto che si assume il ruolo guida) che sono stati necessari per arrivarvi.
E’ caratteristica di un nostro paziente la tendenza ad andare notevolmente avanti rispetto al gruppo e a uscire sovente fuori del percorso tracciato ,segnalando in questo modo la sua esigenza di potersi in qualche modo “distinguere” dal resto del gruppo e ribadire un suo voler essere “fuori dal coro”, oltre alla sfida implicita agli operatori costretti a frequenti “richiami” all’ordine.

Sentimento oceanico

Ne parla Freud, riprendendo e discutendo il concetto con un suo più giovane contemporaneo, Romain Rolland. Fa riferimento all’essenza del sentimento religioso, “assunto come una condizione mentale di unità con il tutto, che rende mobili i confini dell’identità e quelli tra sogno, illusione e realtà” (Gaburri E. Psicoanalisi: per un’etica profana, in Preta, 1999) (Gaburri E. Ambrosiano L. Ululare con i lupi, Boringhieri 2003; pp. 131-142).
E’ la sensazione di fusione tra l'io e l'ambiente.
Un vissuto che ha uno stretto rapporto con la contemplazione della natura e degli spazi aperti e sconfinati (vedi “Vetta”), come testimonia un episodio accaduto allo stesso Freud che scrive (“L’ Avvenire di un’illusione”): “Ero già un uomo maturo allorché per la prima volta mi trovai sul colle dell’Acropoli di Atene, fra le rovine dei templi, con lo sguardo rivolto al mare azzurro. Alla mia felicità si mescolò un sentimento di stupore che sembrava voler dire: “Dunque è davvero così come abbiamo imparato a scuola!””. Egli poi analizzerà in dettaglio questo episodio in una lettera aperta diretta proprio a Romain Rolland.
Ma il legame tra sentimento oceanico e contemplazione della natura e degli spazi aperti è ben noto anche ai poeti.
Così si esprime Giosuè Carducci in un passo di una sua celebre poesia, “Davanti San Guido”:

E Pan l’eterno che sull’erme alture
A quell’ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà.

Il sentimento oceanico deve aver sfiorato anche uno dei partecipanti ad un’escursione del nostro gruppo; quando lui, persona rude e non avvezza a sentimentalismi, guardando, dalla Sella del Semprevisa, verso l’Agro Pontino e osservando il Lago di Sabaudia che nella foschia della costa rifletteva la luce del pallido sole di novembre, disse assorto: “Però…che cos’è la natura!”.

Silenzio

E’ la completa assenza di suoni, di voci, di rumori. E’ il non parlare e l’essere capace di non parlare. Il tacere.
Vi è un detto che dice: “Le parole sono preziose, ma più prezioso è il silenzio”. Spesso disturbiamo la pace del nostro ambiente con un’involontaria mancanza di silenzio. Se ne capiamo il significato, riusciamo a realizzare una grande verità.
Quando c’è il silenzio il tempo sembra rallentare e fermarsi. Nel silenzio non c’è la frenesia di vivere. Ogni oggetto acquista significati diversi, più profondi e tenaci. Spesso lo ricerchiamo il silenzio, invano, un silenzio antico, profondo di significati e di emozioni. In una musica l’attimo del silenzio, della pausa, è sempre estremamente importante: dà significati, rilevanze… Il silenzio è magico, antico. Nel silenzio riconosci tutti i suoni, i valori della vita e delle cose. Spesso preghiamo in silenzio, non per nasconderci agli altri ma perché ci sembra di essere più in unione con Dio.

Slavine

Si chiamano slavine perché in genere originano da scivolamento di uno strato nevoso sul sottostante quando quello (il primo) è più gelato, rigido e/o liscio dell’altro. La pendenza può creare attrito: se questa viene vinta dalla gravità si può creare distacco di strati e poi scivolamenti, e quindi una slavina.
I distacchi sono più frequenti quando si raggiunge la temperatura massima (ore 13,00 – 13,30). Ma accadono anche alla temperatura più bassa (ore 4,00).
Le zone boscose limitano le escursioni termiche. In genere sotto i 27° C o sotto il 60% di pendenza non avvengono distacchi nevosi pericolosi.

Soccorso alpino e speleologico

L’obbiettivo principale a seguito di un incidente è quello di garantire all’infortunato la sopravvivenza e la massima limitazione dei danni, l’iter da seguire è:
Valutare la scena dell’incidente: significa innanzitutto rendersi conto di cosa è successo, di quante persone sono state coinvolte, valutare il luogo dove ci si trova e la sua eventuale pericolosità.
Valutare le condizioni dell’infortunato: significa innanzitutto valutare la dinamica dell’incidente per farsi un’idea del tipo di trauma subito e poi compiere un’ispezione sul corpo dell’infortunato per rendersi conto del suo stato fisico.
Operare il primo soccorso: è necessario nel caso in cui l’infortunato vada rianimato o non respiri o vada interrotta un’emorragia.
Allertare il Soccorso Alpino: per far questo risulta comodo avere con sé un telefono cellulare; in assenza di questo o del campo necessario al suo funzionamento, è indispensabile raggiungere a piedi un posto da cui poter effettuare la chiamata. Se possibile, comunque, non abbandonare l’infortunato. Se già si sa che la zona in cui ci si trova non è coperta da rete cellulare, una radio ricetrasmittente può essere un valido sostituto. Se non si ha alcun segnale radio, si può utilizzare un segnale internazionale di richiesta di aiuto, che consiste in una serie di segnali acustici o luminosi, uno ogni 10 secondi per minuto, seguiti da una pausa di un minuto, poi si ripete. In ogni caso, bisogna lasciar detto a qualcuno (amici, parenti, gestori dell’albergo o del rifugio) dove si vuole andare e che itinerario si intende seguire.

Il numero principale per il primo soccorso è il 118 o 112.
I dati da fornire sono:
• Chi dà l’allarme
• Luogo dove è successo l’incidente e tipo di sito o di zona
• Quanti sono i feriti (o gli ammalati)
• Che cosa è successo (dinamica dell’incidente , tipo di trauma, o tipo di malore)
• Quando è successo
• Condizioni generali dei feriti (o ammalati)
• Condizioni meteo
• Indicazioni circa le condizioni di visibilità, del vento, eventuali ostacoli al volo (teleferiche, linee elettriche) e all’atterraggio di un elicottero (bosco, pendio, ecc,)

A seguito di chiamata, il 118 allerta la stazione di soccorso alpino di competenza territoriale (o la più vicina al luogo dell’incidente). Da qui parte la procedura di soccorso che viene regolata in base ai dati passati all’operatore della centrale. Alla stazione del CNSAS, in base alle nostre indicazioni, viene scelto il materiale di soccorso da portare nell’intervento e in base alle informazioni meteo sul luogo dell’incidente viene deciso se inviare un elicottero o una squadra a piedi. Gli elicotteri non volano di notte.

RICORDARSI CHE:
In caso di slavina, non bisogna mai togliersi lo zaino in quanto ripara dai colpi durante le cadute, darà aria se seppelliti, isolerà la schiena dal freddo e ammortizzerà la compressione finale della neve sul corpo. Bisogna cercare di galleggiare e/o di raggiungere l’esterno, il bordo o la sponda della slavina, dove la velocità è minore e dove i colpi sono meno traumatici. Cercare di tenere una posizione ad uovo, chiusi, con le ginocchia strette al petto, i tacchi ai glutei, le mani dietro alla nuca, i gomiti tra le ginocchia. Stare fermi, cercare la superficie oppure cercare di fare un foro in modo da respirare.
La ricerca del disperso si deve fare subito, entro 1 ora, con l’A.R.V.A. (piccolo strumento ricetrasmittente impermeabile che permette l’emissione di segnali ad alta frequenza 457 K hz), e con le sonde.

Solidarietà

Dalla dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo: "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza."
E’ il sentimento che riunisce fra loro persone che fanno parte dello stesso gruppo e che spinge ad aiutarsi e a sostenersi vicendevolmente.
E’ un vincolo di assistenza reciproca che unisce gli individui nel momento del bisogno.
E’ l’insieme dei legami affettivi e morali che uniscono la persona alla comunità di cui fa parte, e questa alla persona.
E’ il sentimento che fa condividere opinioni, emozioni, difficoltà, gioie e dolori, e l’agire di conseguenza.

Solitudine

Stare senza altri, vivere da solo, senza l’intervento di altri.
Potrebbe essere la condivisione di un luogo solitario, non frequentato.
La solitudine può essere anche un’opportunità di sviluppo e di benessere interiori, un'occasione preziosa da sfruttare. Una condizione cercata anziché subita: infatti non esiste creatività artistica senza concentrazione e isolamento. L'incapacità di stare almeno qualche ora della giornata da soli, o la dipendenza dalla presenza degli altri, potrebbe essere la spia di qualche malessere interiore, di qualche inadeguatezza personale.

Spazi condivisi

Lo spazio è un posto o un vano disponibile.
Sono luoghi, estensioni circoscritte, occupate da persone che stanno e/o “lavorano” insieme.
Sono anche ambiti di possibilità, di azione, di opportunità.
Sono estensioni del tempo e dei luoghi

Sviluppo

E’ l’insieme dei processi di espansione, di crescita umana, di maturazione.
La possibilità di percepirsi in una prospettiva di sviluppo si contrappone al vissuto di condurre un’esistenza contrassegnata dalla ripetizione sterile e priva di direzione (coazione a ripetere), nella consapevolezza di dissipare il tempo dell’esistenza.
Con il termine ci riferiamo, allora, alla prospettiva di sviluppo in cui il gruppo e ciascun membro, può sentire di collocarsi con riferimento all’attività specifica che si è intrapresa (nel caso nostro l’escursionismo). Praticare quella certa attività consente l’esperienza del procedere lungo un percorso di crescita e fa vivere il sentimento che si può migliorare, che si sta migliorando, che si ottengono i risultati desiderati, che c’è aumento delle capacità e delle conoscenze ecc..
L’esperienza di poter progredire in un’attività specifica è una metafora della possibile evoluzione personale; suggerisce l’indicazione e sostiene la speranza che le cose, nella vita, non sono ferme ed immutabili, ma ci possono essere margini di trasformazione e crescita. (Vedi “Ambivalenza”)
La pratica dell’escursionismo è ricca di aspetti in relazione ai quali può essere sperimentata una prospettiva di sviluppo. Essa è già presente nella logica intrinseca di un’escursione che prevede un punto di partenza, un punto di arrivo, un percorso, il superamento di difficoltà connesse al tipo di terreno, alle condizioni atmosferiche, all’orientamento…Ma pensiamo anche alla necessità e alla possibilità di imparare a scegliere gli equipaggiamenti (vedi anche le voci “ “Abbigliamento” e “Equipaggiamento”); di imparare a camminare su terreni impervi; di migliorare la capacità di dosare le energie ecc.