Maria
Nicoletta Bucchicchio
Il valore terapeutico del trekking
A chi cammina non si muovono solo gli astratti
pensieri nel cervello, ma si mettono in movimento carne e sangue,
così le sapienze inconsce depositate negli organi possono
mobilizzarsi, montare in alto e riaffiorare nella coscienza."
(Mechthild Scheffer "Le piante per la psiche")
Se camminare smuove la carne e il sangue, sicuramente
tra i primi benefici che possiamo riconoscere al trekking ci sono
quelli che riguardano la salute del nostro corpo fisico. Tutti i
muscoli del nostro corpo, ogni articolazione, il nostro cuore, i
polmoni, il sistema vasale, insomma, ogni angolo del nostro corpo
dopo qualche ora di cammino inizia a subire una trasformazione,
e anche le parti più ferme (prime?) vengono raggiunte dal
movimento e dall'ossigeno. Aumenta il ricambio e tutte le scorie
cominciano ad essere allontanate da ogni cellula ed eliminate anche
attraverso il sudore.
La nostra pelle, sudando, piange fuori dal corpo le nostre tossine
e le nostre sofferenze.
A un livello più sottile, qualcos'altro viene smosso: la
nostra sensibilità, cioè la nostra capacità
di percepire attraverso i nostri cinque (o più) sensi.
Innanzitutto il tatto: tramite l'appoggio fermo e attento dei nostri
piedi sulla terra, nella fatica del camminare, possiamo sentire
l'energia che la terra ci rimanda, e sentirci sorretti. Se poi,
ogni giorno, nelle pause o alla sera, arrivati al campo, ci togliamo
le scarpe e camminiamo a piedi nudi sull'erba quest'energia della
terra sarà ancora più evidente e benefica.
Attraverso la vista, la luce, i colori della luce e ,finalmente,
il buio, ci inviano stimoli continui a fluire e a cambiare punto
di vista.
L'odore della terra e delle stagioni ci fa essere più vicini
alla nostra parte animale.
Gustare gli aromi delle erbe e dei frutti selvatici, e l'acqua delle
sorgenti, ci insegna ad essere ricettivi al nutrimento.
Ascoltare le foglie che cadono, lo scorrere di un torrente, il verso
di un animale, imparare ad ascoltare il silenzio, o concentrarsi
sul suono del nostro passaggio, sentire il nostro respiro sbloccato,
tutto questo risveglia l'attenzione e l'abbandono.
Perchè le tossine che eliminiamo a livello fisico lasciano
liberi degli spazi dentro di noi, ad ogni piano del nostro essere.
Durante i miei trekking ho avuto occasione di comprendere che l'effetto
terapeutico del camminare è simile a quello del digiunare,
per molti aspetti: i primi tre giorni servono per eliminare, perciò
in questo periodo, nel digiuno come nel trekking, è possibile
avvertire disagio, dolori muscolari ed articolari, o anche depressione,
a seconda di quali sono e dove si sono fissati i nostri problemi,
i nostri blocchi. Bisogna avere il coraggio e la pazienza di accettare
il dolore e continuare, non arrendersi, sapendo che si tratta solo
di una fase iniziale. Andando avanti nel cammino, il nostro malessere
viene metabolizzato e si trasforma, i nostri confini diventano man
mano più ampi, il nostro orizzonte si allarga, cominciamo
a percepire quello che ci sta intorno, a comunicare in profondità
con le persone con cui siamo sulla strada, mentre i pensieri negativi
lasciano il posto a quelli creativi, al benessere e alla gioia.
La consapevolezza profonda "depositata negli organi" (come
dice la Scheffer nella citazione iniziale) emerge alla coscienza,
i nuovi spazi liberi vibrano e si riempiono di bellezza e di comprensione.
Possiamo sentirci liberi, in armonia, luminosi, poichè il
"digiuno" e la disintossicazione lasciano il posto alla
pienezza del nutrirsi e del sentirsi sani.
Cammineremo poi più leggeri anche nelle nostre strade di
ogni giorno, nella nostra vita quotidiana che possiamo imparare
a leggere altrettanto piena di meraviglie, se alimentata da quella
che proviene dalla natura intera, dalla terra e dal cosmo, dalla
scoperta di noi stessi e delle nostre potenzialità, e della
possibilità che tutti abbiamo di creare, con il nostro pensiero
correttamente indirizzato, una realtà di luce.
Perchè la vita è comunque sempre generosa e il sentiero
è un sentiero di luce, anche se può essere difficile
a volte ricordarsene.
Che cosa allora ci può impedire di beneficiare in maniera
naturale di tutte queste potenzialità che ha il trekking
rispetto al nostro essere ? Nella mia esperienza, la paura e lo
scoraggiamento legato ai propri limiti fisici e la fase di depurazione
dai pensieri negativi possono essere gli ostacoli maggiori a utilizzare
l'esperienza del trekking in maniera totale, per quella che può
essere la propria individuale totalità.
Per compensare questi limiti, consiglio di sostenersi con alcune
semplici tecniche di nutrimento dell'energia attraverso i nostri
principali centri energetici o attraverso l'attivazione degli stessi,
o con l'uso dei rimedi floreali (i fiori di Bach sono rimedi che
ci aiutano a uscire dai nostri blocchi psichici), e tutto questo
può essere svolto nell'arco della durata del trekking.
Una semplice ed efficace tecnica di respirazione e l'apprendimento
degli esercizi di stiramento dei meridiani sono altri validi supporti
al fare del trekking un mezzo terapeutico.
Dunque, di cosa possiamo guarire durante un trekking ? Da qualunque
cosa noi siamo disposti a mettere in movimento e "spostare"
dal nostro corpo fisico o dalla nostra mente. E il risultato può
essere più duraturo se lo facciamo avvenire con consapevolezza,
se camminiamo dentro e fuori contemporaneamente.
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